L’uomo che guardava la montagna

Massimo Calvi, giornalista ed editorialista di Avvenire, autore del libro “L’uomo che guardava la montagna” edizioni San Paolo (178 pag. 16.00 euro) vede i monti come luogo d’incontro fra l’uomo e Dio.

L’uomo nell’avvicinarsi ai monti si spoglia delle cose inutili ed il cammino è una metafora del cambiamento per riuscire a contemplare la bellezza del creato. La montagna è silenzio e solitudine spesso mette in contatto la parte più intima di noi e ci aiuta a capire il nostro legame con la natura e il legame con Dio.

L’autore racconta la storia di un uomo che si avvicina alla fine dei suoi giorni e chiede di trascorrere il tempo che gli resta davanti alla montagna al quale è legato. E’ una storia costruita attorno agli elementi come l’aria, l’acqua, la pietra, il fuoco, che mettono in evidenza il legame con Dio.

Un racconto che non deve essere considerato come una fuga dalla realtà ma un ritorno, un’opportunità per ricordarsi di Dio, della fede e tirare un bilancio della propria vita al termine del cammino.

La montagna porta ad una vita semplice, senza speculazioni l’unico obiettivo è quello di sentirsi vicino a Dio. Fin dall’antichità la montagna era vista come il punto d’incontro tra l’uomo e il Signore. La montagna è un elemento sempre presente anche nella vita di Gesù basta ricordare che Dio affida le tavole a Mosè sul monte Sinai, sul Monte Tabor Gesù si rivela ai suoi discepoli e rivede gli apostoli su di un monte della Galilea.

La montagna in questo racconto è un simbolo, un luogo di incontro f un luogo dove si può raggiungere la salvezza della propria anima. L’autore in quest’opera sembra ricordare le montagne che lo hanno visto crescere che rappresentano la sicurezza, la stabilità e la sincerità un luogo perfetto dove poter crescere.

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